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Le Cronache di Placodermata Ep5: Petalichthyida, tesoro nascosto da riscoprire

Continua il nostro viaggio attraverso i vari gruppi di placodermi. Oggi vedremo uno dei gruppi io ritengo tra i più interessanti, son solo perché è effettivamente l’oggetto del mio progetto di ricerca, ma soprattutto per la loro situazione di taxa negletto riportato alla ribalta grazie alle recenti investigazioni sui vertebrati paleozoici, che ne hanno sottolineato l’importanza per lo studio dell’origine dei vertebrati con masclle. Il gruppo in questione è Petalichthyida, clade che comprende placodermi caratterizzati dalla presenza di due paia di piastre paranucali, di canali sensoriali che si aprono in pori (invece che come scanalature tra le scaglie, come nella maggioranza degli altri placodermi) e che presentano un pattern tipico (Figura sottostante), con la linea sensoriale sopraorbitale che converge verso la piastra nucale insieme alla linea sensoriale posteriore, formando talvolta una sorta di X, e una linea sensoriale principale allungata posteriormente (Zhu 1991).

Morfologia craniale dei due petalichthyidi più conosciut, Lunaspis e Macropetalichthyis, con i evidenza le cararistiche tipiche dei petalicthyidi. Credits by PaleoStories.

Al contrario di quello che abbiamo visto ad esempio per i rhenanida, per cui sono stati descritti solo pochi generi, il record fossile dei petalichthyidi è abbastanza ampio. Fino ad ora sono stati infatti descritti 17 generi, distinti principalmente per la morfologia delle piastre cefaliche e del percorso dei canali sensoriali. Resti di petalichthyidi sono stati trovati in diverse parti del mondo, dalla Cina alla Siberia, dalla Germania al Nord America, con un range temporale che va dal Siluriano superiore fino al Devoniano superiore e un picco di diversità nella parte finale del Devoniano inferiore (in particolare nell’Emsiano). Il taxa più antico fin’ora è rappresentato dal cinese Diandongpetalichthyis (Siluriano superiore/Devoniano inferiore), mentre il più recente dal tedesco Epipetalichthys (Devoniano superiore – Frasniano).

Distribuzione temporale dei principali generi di petalichthyidi. Modificata da Zhu and Wang 1996
Nonostante questo buon numero si specie descritte, i petalichthyidi non sono un gruppo conosciuto in gran dettaglio, come si potrebbe pensare, ma anzi rimangono uno dei più oscuri tra i placodermi.
Eppure, quando essi furono scoperti per la prima volta colsero subito l’attenzione degli studiosi per la loro anatomia bizzarra e le difficoltà di collocarli  in qualche gruppo specifico. Il corso del tempo però, ha fatto si che venissero pian piano abbandonati, forse anche a causa di queste difficoltà. Il primo studio di un petalichthyide fu presentato nel lontano 1846 da Norwood e Owen, che descrissero resti incompleti provenienti dal Devoniano Medio dell’Indiana (U.S.A.), erigendo il genere Macropetalichthys rapheidolabis. In seguito furono riportati alla luce numerosi altri reperti, descritti come varie specie diverse di Macropetalichthys. La peculiarità di tali resti portò il famoso paleontologo svedese Erik Stensiӧ a preparare una monografia specifica su Macropetalichthyis (Stensiӧ 1925) e diversi studi su questo e altri placodermi bizzarri (Stensiӧ 1950, 1963, 1969), di cui non solo descrisse in dettaglio l’armatura dermica, ma presentò anche ricostruzioni dell’endocranio, del sistema nervoso e del cervello, grazie all’utilizzo della tecnica del serial grinding (vedere qui). In aggiunta, egli descrisse un nuovo genere, Epipetalichthyis, basandosi su fossili del Devoniano Superiore tedesco. I lavori di Stensiӧ su Macropetalichthys sono tutt'ora tra le pietre miliari della paleontologia dei placodermi, nonostante siano passati più di 50 anni.

Ricostruzione del sistema circolatorio craniale di Macropetalichthys. Da Stensiӧ 1925

Ricostruzione di nervi, muscoli e vasi sanguigni associati all'occhio, nel petalichthyide Macropetalichthys. Da Stensiӧ 1969
Fu il momento più alto della storia dei petalichthyidi, presenti in diverse monografie sui placodermi e analizzati con grande curiosità e precisione scientifica. Sempre in quegli anni, in Germania furono scoperti diversi fossili completi di petalichthyide, battezzato Lunaspis, ancora oggi l’unico rappresentante del gruppo di cui si conoscono resti post cefalici (Gross, 1961)
Altri fossili di petalichthyidi furono portati alla luce e descritti negli anni successivi, ma nessuno con l’entusiasmo e l’ampiezza di dettagli che aveva caratterizzato l’età d’oro dello studio di questo gruppo. L’ultimo articolo sui petalichthyidi fu pubblicato nel 1996 da Zhu e Wang, che oltre che alla descrizione di un nuovo taxa, Holopetalichthys, presentarono un’analisi della distribuzione temporale e geografica dei vari taxa e sulle loro relazioni filogenetiche (pur senza eseguire un’analisi filogenetica vera e propria).

Sono passati dunque quasi dieci anni dalla pubblicazione dell’ultimo articolo descrittivo su un petalichthyida, senza che nessun’analisi filogenetica vera e propria del gruppo sia mai stata effettuata, con la conseguenza che l’evoluzione del gruppo, della polarità dei suoi caratteri e della loro anatomia interna sia ancora tutto fuorché chiara.
Tuttavia, sebbene questi problemi riguardanti Petalichthyida come gruppo siano ancora presenti, recenti analisi filogenetiche relative ad articoli riguardanti altri taxa (es. Entelognathus) ma che presentavano qualche petalichthyide (solitamente un paio, Macropetalichthys e Lunaspis o Eurycaraspis), hanno evidenziato come essi cadano vicino al nodo di origine dei vertebrati con mascelle. Questo soprattutto a causa del loro mosaico di caratteri tra agnati e pesci con mascelle. E’ giunta dunque l’ora di riprendere in mano i petalichthyidi e studiarli di nuovo in dettaglio, anche considerando che sono passati diversi anni dalle loro prime descrizioni e possediamo nuovi mezzi di analisi, come CT scan, software di analisi digitale, programmi per filogenetica, etc..

Dopo questa introduzione storica, nel prossimo post vedremo effettivamente cosa sappiamo dell’anatomia dei petalichthyidi e quali sono quei caratteri che li rendono così importanti nello studio degli stemgnathostomi. Giusto per farvi venire un po’ di curiosità, possiamo dire che possiedono un cervello simile a quello degli agnati, protetto da un’armatura dermica simile a quella degli altri placodermi…oltre al fatto che non è mai stato trovato alcun petalichthyide con resti di mascella… che siano taxa intermedi tra gli agnati e gli altri gnathostomi con mascelle? L’unico modo per scoprirlo è ristudiarli a fondo…
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Bibliografia:  

- Gross, W, 1961 
Lunaspis broilli und Lunaspis heroldi aus dem Hun- sruckschiefer (Unterdevon, Rheinland). 
Nolizblall des Hessischen Landesamlesfur Bodenforschung zu Wiesbaden, 89, 17-43.

- Norwood, J.G., & Owen, D.D., 1846 
Description of a new fossil fish, from the Palaeozoic rocks of Indiana. 
American Journal of Science 51(1): 367-371.

- Stensiӧ E. 1925
On the head of Macropetalichthys
Publ F Museum Nat Hist Geol Ser 4:87–197.


- Stensiӧ E. 1963
The brain and the cranial nerves in fossil, lower craniate vertebrates. 
Skriflter Ulgitt Av Det Nor Videnskaps-Akademi 1–120.

- Stensiӧ E. 1950
 La cavite labyrinthique, I'ossification sclerotique et l'orbit de Jagorina
Paleonthologie et transformisme. Science d'aujourd'hui. Paris.

- Stensiӧ E. 1969. 
Elasmobranchiomorphi Placodermata Arthrodires. 
In: Piveteau J, editor. Traité de Paléontologie 4 Paris: Masson. p. 71–692.

- Zhu M. and Wang, J. 1996
A new macropetalichthyid from China, with special reference to the historical zoogeography of the Macropetalichthyidae (Placodermi)
Vertebrata PalAsiatica 10 (34): 253-268

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