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Megalocoelacanthus e la bellezza della noia

I celacanti sono da sempre dipinti come un gruppo molto conservativo, che durante la loro evoluzione ha avuto poche modifiche anatomiche. Dalla loro nomea di animali noiosamente sempre uguali  è immancabilmente derivato il mito popolare per cui i celacanti sono i fossili viventi per definizione (ne ho parlato un po’ qui).

Tuttavia, nel mondo paleontologico questo mito è stato duramente abbattuto diverse volte grazie alla scoperta dei celacanti paleozoici, come Miguashaia, Holopterygius o Allenypterus, la cui morfologia è indubbiamente molto diversa da quella di Latimeria.


Miguashaia














Se consideriamo l’intero record fossile dei celacanti, essi ci appaiano un gruppo abbastanza eterogeneo, che durante la sua storia evolutiva ha sperimentato diversi adattamenti morfologici ed ecologici. 
Se andiamo a guardare nel dettaglio, però, ci accorgiamo che forse forse parte del mito può essere considerata vera: Friedman & Coates (2006), hanno evidenziato come la massima disparità morfologica dei celacanti è stata raggiunta nelle prime fasi della loro evoluzione, nel Devoniano Medio, ma che in seguito, dopo il Carbonifero, il gruppo ha subito un netto calo nella diversità morfologica a discapito di un aumento della diversità tassonomica (ossia, più specie diverse ma con morfologie più omogenee).

Latimeria chalumnae. Disegno di Fabrizio Lavezzi

A parte l’attuale Latimeria, i celacanti la cui forma può essere paragonata a quella della standard “latimeriforme” sono tutti vissuti nel Mesozoico.
I celacanti mesozoici sono raggruppabili in due gruppi distinti, Mawsoniidae, con un cranio lungo, basso  e ampio, e Latimeriidae, con un cranio invece più corto, tozzo, e stretto.
Nel Mesozoici, sembra che i celacanti siano cambiati più per le proporzioni anatomiche dei vari elementi scheletrici e per le dimensioni corporee, che per vere e proprie modifiche strutturali.
In particolare, anche i celacanti furono ingolositi dalla moda del momenti e nel Cretaceo “concentrarono i loro sforzi” in un considerevole aumento di dimensioni.
Un bell’esempio di questo episodio è stato pubblicato sull’ultimo numero di Plos One.

Dutel et al. ridescrivono i resti di Megalocoelacanthus dobiei, un celacanto gigante del Cretaceo superiore.
I fossili di questo animale provengono da strati del Campaniano inferiore di Kansas (Niobrara Formation, forme più nota per i fossili di dinosauri quali Niobrarasaurus) e Alabama (Blufftown Formation).

Gli osteostraci e i falsi miti

Ci sono nomi nella scienza, così come nel linguaggio comune, la cui celebrità è inversamente proporzionale alla loro vera importanza, o, peggio, al loro essere fuorvianti e creatori di falsi miti.
Tra questi vi è senza dubbio il termine agnati.

Fondamentalmente agnati significa senza mascella, e fin qui nessun problema, visto che effettivamente troviamo vertebrati senza mascelle sia oggi (i cyclostomi) che nel passato (ne abbiamo visti parecchi esempi). 
Nella visione popolare però il termine agnato è sempre reminiscenza di un qualcosa di primitivo, di sperimentale, un tentativo (finito male) della natura. 
Insomma, gli agnati non sono proprio considerati come le più meritevoli e ben riuscite creature nel panorama dell’evoluzione dei vertebrati fossili.

Tutto questo però è un mito che deve cadere.

Nei post precedenti abbiamo visto come non esista un vero e proprio gruppo degli agnati. 
A parte il non avere le mascelle, i vari gruppi presentano tutti morfologie molto diverse tra loro, a anche volte estreme e aberranti
Questo perché in realtà Agnatha non costituisce un gruppo monofiletico, ma bensì i vari gruppi che per convenzione ricadono al suo interno rappresentano invece forme diverse di vertebrati basali, posti dopo la divergenza tra gnathostomi e cyclostomi. 
Dagli anaspidi agli heterostraci, dai telodonti ai galeaspidi, tutte queste forme sono più vicine ai pesci con le mascelle vere e proprie che non ai pesci senza mascelle attuali, in un percorso evolutivo in cui piano piano si assiste alla comparsa dei più importanti caratteri che poi formeranno il corpo dei veri gnathostomi, come narici pari, pinne pettorali, scheletro interno, etc.. 
Se vogliamo parlare correttamente dunque, dobbiamo riferirci a questi animali come stem gnathostomi.
Il gap morfologico che separa gli attuali cyclostomi dai vertebrati con mascelle è oggi parzialmente ridotto proprio grazie alla scoperta dei numerosi fossili di pesci senza mascelle paleozoici, che hanno aiutato i paleontologi a comprendere alcuni dei più importanti passaggi nell’acquisizione dello schema corporeo dei vertebrati con mascelle attuali. 


Questo è il penultimo post della serie sui pesci senza mascelle fossili. Spero di avervi presentato in maniera chiara il misterioso mondo di questi bizzarri animali, e di averveli fatte apprezzare un po’ di più.
Oggi andremo a conoscere Osteostraci, il gruppo di agnati che attualmente viene considerato dalla maggior parte dei paleontologi (Janvier, 1996; Donoghue et al., 200) come quello più vicino al punto di origine dei pesci con mascelle vere (dopo vi dirò il perché).

Paleostories sul portale evoluzionistico Pikaia.edu

Scusate ma in questa settimana non ho avuto molto tempo per preparare un post.
Sono impegnato con un bel pò di progetti che devo portare avanti e questo mi ruba tempo per il blog. Prometto che questa settimana mi metto al lavoro per scrivere almeno uno dei due post che mancano per finire il nostro viaggio nel mondo dei pesci senza mascelle.

Nel frattempo, sono lieto di comunicare la collaborazione iniziata tra Paleostories.blogspot e il famoso sito  Pikaia.edu - il portale dell'evoluzione
Pikaia è un importante sito di divulgazione scientifica, nella cui redazione vi sono anche grandi nomi della scienza italiana, che si pone l'obbiettivo di diffondere in maniera chiera e scientifica vari aspetti dell'evoluzione e delle discipline che la studiano.

Al momento su Pikaia sono stati pubblicati due miei articoli (un inedito e quello su tungsenia) e altri due (uno sui pesci volanti e uno inedito) sono in uscita nella prossima settimana.

Spero di poter, in questo modo, tappare un pò i piccoli vuoti che ogni tanto si vengono a formare nel blog.

Se qualcuno ha guardato di recente la pagina "indice del blog", avrà già avuto un'anticipazione su quelli che saranno i prossimi due post tematici, che andranno a chiudere la nostra avventura tra i pesci senza mascelle. Spero di riuscire a farli entrambi per la fine del mese.

Dunque alla prossima!
 


Quando i pesci avevano le ali

Tra le tante cose che non si conosco della storia paleontologica del nostro paese, una rigurda il fatto che l’Italia è uno dei pochi posti al mondo in cui sono stati trovati i fossili di antichi “pesci volanti” mesozoici. 

Attualmente, sono solo pochi i pesci ossei in grado di balzare fuori dall’acqua per qualche metro (chi più, chi meno) e “volare” (o meglio, planare, come vedremo dopo), sopra la superficie dell’acqua. 
I più famosi sono i taxa appartenenti al gruppo Exocoetidae, per intenderci i “veri pesci volanti”.
Essi, grazie all’ampia superficie data dalle loro pinne pettorali modificate e dalla spinta della loro pinna caudale ipertrofica, riescono a planare anche per lunghe distanze.


La meravigliosa posa di un exocoetide "in volo".

L’altro gruppo è rappresentato dai ben più strambi pesci accetta, volatori di acqua dolce del gruppo dei Gasteropelecidae.
A differenza degli exocoetidi, essi non presentano una coda modificata per la propulsione, ma delle pinne pettorali allargate e uno sterno piuttosto sviluppato, tale che essi riescono a fare un qualcosa di analogo al volo battuto e, sbattendo le loro pettorali, a “volare” per pochi metri.
Una cosa simile avviene anche in Pantodon, un osteoglossiforme dalle pettorali molto sviluppate.

Carnegellia, un pesce accetta

Pantodon

Entrambi questi gruppi rappresentano faune piuttosto moderne, legate al momento di grande radiazione dei Teleostei avvenuto all’incirca nell’Eocene (circa 50 – 35 milioni di anni fa).
Tuttavia, chi studia i pesci fossili sa che la presenza di pesci volanti non è una novità nell’evoluzione degli Actinopterygii.